mercoledì 6 marzo 2019

Dancing in the dark

Nella pole ognuno ha la sua figura preferita. La mia non è particolarmente acrobatica. Non è una dimostrazione impressionante di forza o flessibilità. Non è eccessivamente d'effetto o incredibilmente difficile. Ha solo sempre avuto un tremendo difetto. Non venirmi. E ci ho provato e riprovato. A lezione. A casa. Ogni volta che una combo parte da lì io mi ossessiono. Non mi rassegno. Perché la ballerina per me è fichissima. É poetica. Ma mi odia. La mia spalla si spezza. La mia mano mi lascia. La mia gamba sbatte contro il palo. Ho collezionato mille lividi sulla coscia nei tentativi. E poi. E poi l'indicazione giusta. La serata giusta. La testa giusta. Eccola. L'ho rifatta incredula una volta dietro l'altra. Dopo innumerevoli tentativi, ANNI che ci provo. Ti domino. Ballerina demmerda SUCA! E ancora una volta la lezione nella pole è solo una : never give up! Ora devo solo imparare a scrivere da mancina perché non alzerò mai più il braccio destro

giovedì 14 dicembre 2017

It's a long long way UP

Garza sterile.
Sale grosso da cucina.
Acqua bollente.
Dolore autoinflitto.
Merda.
Cerotto adesivo.
10 minuti. 60 secondi.
30 respiri profondi.
15 mesi.
Saluto dal bidet.
Inchino. Applausi. Sipario.

sabato 25 novembre 2017

Ma il pan di spagna lo hanno inventato in Spagna?

Inizia tutto dalla musica.
Principalmente faccio dolci quando sono triste. Quindi, musica.
Credo esista una qualche regola cosmica per cui non si possano cucinare dolci se sei di cattivo umore.
Se sei di malumore puoi cucinare arrosti, verdure, sughi, puoi spingerti fino alle ricette etniche, attraversare a nuoto brodini e conquistare risotti. Ma non i dolci.
Se sei triste, l’impasto non lieviterà, la panna verrà troppo poco dolce, il forno farà contatto, e la torta (o quel che ne resta) resterà mezza cruda.
Quindi, musica.

Ogni momento ha la sua colonna sonora. Ogni dolce ha la sua musica.
Di solito pesco un cd a caso dalla scatola in salone. Sono quasi tutti roba tipo “i favolosi anni ‘60”, “i mitici anni 90”, “ i supergalattici qualcos’altro”. Se è una giornata particolarmente ostile mi capita in mano un pezzo della collezione personale di mia mamma. Gianni Morandi. Fatti mandare dalla maaaamma. Ok , ci può stare. Se mi capita proprio una roba tremenda, (sì, c’è anche un cd di Whitney Houston ) faccio uno sforzo e opero una scelta.
Ogni dolce ha la sua musica. Va bene affidarsi al fato, ma a tutto c’è un limite.

Quando inizia la musica, inizia il dolce.
Non preparo mai tutti gli ingredienti prima.
Non è vero.
Provo a preparare tutti gli ingredienti prima. Dimentico sempre qualcosa. Oppure metto via una cosa pensando “ok, ora non mi serve più” e mi serve dopo 5 secondi.
Il pan di spagna è un dolce rilassante. Non puoi avere fretta per preparare il pan di spagna.
Il pan di spagna è un dolce che mi innervosisce. Non puoi contare sul pan di spagna perchè non puoi mai sapere come verrà, o peggio, se verrà.
Diciamo che ogni dolce viene sempre diverso da quello precedente, ma il pan di spagna un po’ di più.

La prima cosa che faccio è imburrare e infarinare la teglia. 26 centimetri di diametro.
Un tempo non lo facevo mai. Un tempo mi affidavo al domopack. Poi l’ho fatto una volta, in una qualche ricetta in cui era indispensabile farlo.
Ora lo faccio sempre .Anche quando non serve. E’ una delle mie parti preferite.
Prendi uno sputo di burro, lo microondi per 30 secondi.
Prendi un pennello e lo passi sulla teglia. Sul fondo e sui bordi. Diventa tutto lucido lucido. Il burro sa di buono.
Poi prendi una manciata di farina. Giri e rigiri la teglia. Il lucidino sparisce e diventa tutto bianco e polveroso.

Ecco, ora sei veramente pronto per cominciare.
6 uova, 150 grammi di zucchero, 150 grammi di farina.
Accendi il forno. 180 gradi.
6 uova, 150 grammi di zucchero e una ciotola molto grande.
La parte decisiva comincia così.
Zucchero nella ciotola. Rompi le uova.
Ho sempre desiderato imparare a rompere le uova con una mano sola. Considerato che un uovo è grande quanto la mia mano, non credo avrò mai successo in questa pratica. Considerato poi, che già sbattendo il guscio contro il bordo del tavolo riesco a perdere metà albume per tutta la cucina, penso non sia veramente il caso di provare.
Prendi un frullino elettrico. Se sei fortunato, ci metterai poco a montare le due fruste. Io ci metto 5 minuti.
Avevo dimenticato una cosa : la musica, bella alta. Altrimenti per i prossimi 20 minuti sentirai solo un impietoso vibrare e mescolare elettrico. Nessuna poesia.
Via.
Velocità uno.
Le uova e lo zucchero si mescolano. Niente di particolarmente entusiasmante.
Velocità due.
Le uova e lo zucchero si mescolano e fanno schiumetta. Ancora, nessun miracolo.
Velocità tre.
Le uova e lo zucchero si mescolano, fanno schiumetta e iniziano a spruzzare ovunque.
 Perchè la ciotola è grande ma non abbastanza grande. Anzi, non esiste una ciotola sufficientemente grande per evitare l’inevitabile. O semplicemente perchè sei sfigato.
Bestemmi. Sei una specie di lepoardo color crema.  Mandi a cagare la magia del pan di spagna. Prendi una spugnetta e ripulisci il ripulibile.
A questo punto ti fai furbo. Prendi un rotolo di scottex  e senza staccare i fogli dal rotolo fai una specie di barriera attorno alla ciotola. Tipo grande muraglia.
Te lo dico subito, per evitare illusioni. Anche questo non sarà sufficiente. Però diciamo che aiuta. Dall’effetto leopardato passi all’effetto dalmata. Son soddisfazioni.
Risolto parzialmente il problema, ricominciamo.

Velocità uno, due, tre in rapida successione, perchè ti stanno iniziando un po’ a girare i maroni nel frattempo.
Bisogna girare e girare e girare, col frullino su di giri e probabilmente vicino al punto di fusione, sempre dallo stesso lato.
Pensi di poter trovare una posizione comoda appoggiando il peso del frullino alla ciotola? Errore.
Le fruste devono rimanere sollevate. Ogni tanto puoi spingerti veloce fino al fondo, per recuperare anche quello che è rimasto pesante e denso, più in basso. Per il resto, tuo onere.
Dopo 5 minuti non sarà successo niente, o poco. L’impasto sarà diventato una schiumetta per niente eccitante e il braccio sarà diventato una parte meccanica e vibrante dello sbattitore. 
Cantare in questi casi aiuta.
Giro giro tondo. Casca il mondo.
Dopo 10 minuti  l’impasto inizierà a montarsi,  soffice e vaporoso. Ovviamente ha ricominciato a spruzzare ovunque superando ogni barriera. Ricordandoti di essere solo a metà , perderai ogni interesse riguardo alla faccenda. E l’uso del braccio, ma solo temporaneamente. 
Pregare in questi casi aiuta.
Dopo 15 minuti ci siamo quasi. Ora è veramente leggero e spumoso. Ha una consistenza da tuffo di testa da 10 metri senza paura di farsi male. Morbido. Non senti più il braccio. Hai qualche minuto di smarrimento e ti senti in balia del frullino. E’ lui a muovere te? E’ il mondo che sta girando attorno alla ciotola? Continui per moto involontario automatico. Bestemmiare in questi casi aiuta.
Dopo 20 minuti, non ne puoi più. Decidi di andare da Laganà a comprare un dolce. Continui a frullare per orgoglio, fissando l’orologio. Contare i secondi in questi casi aiuta.
Dopo 23 minuti ti senti fatalista. Sarà quel che sarà. Decidi che è montato a sufficienza. Decidi che se non lo è poco ti importa.
Ti stacchi con una certa soddisfazione dal frullino. Lo butti nel lavandino e decidi di non lavarlo. Anzi decidi che forse non lo laverai mai. Ti trattieni dal farlo a pezzi e buttarlo via.
150 grammi di farina che ovviamente ti sei dimenticato di pesare quando era il momento. Mentre prendi la farina preghi che le uova non si smontino. Tremi al pensiero di sputtanarti in questo modo idiota.
Prendi un simpatico colino. Prendi un simpatico cucchiaio di legno.
Non sono strumenti particolarmente simpatici, ma ripensando al frullino nel lavandino, vorresti quasi limonare con il colino così leggero e immobile.
Inizi a setacciare la farina. Ne fai scendere un po’ nel colino e fai nevicare sopra alla ciotola.
Con il terrore addosso, inizi a mescolare piano col cucchiaio di legno. Dal basso verso l’alto. Senza toccare il fondo. Ancora appena sollevato.
Continui a setacciare la farina. Un po’ per volta. Continuando a chiederti se ne stai buttando troppa assieme o se stai mescolando troppo velocemente.
Il frullino, dal lavandino, ti osserva.
Finisci di mettere tutta la farina. Guardi il bordo della ciotola, dov’era rimasto il segno dell’impasto appena montato. Ti sembra che sia vertiginosamente sceso di volume.
Se sei fortunato, questo è solo un effetto visivo della paranoia. Se sei sfortunato, il pan di spagna verrà abbastanza tremendo.
Versi tutto nella teglia. O almeno, ci provi, visto che una mano continua a tremare compulsiva.
Quando finisci di travasare tutto, con una sensazione di sollievo infinito, infili la  teglia nel forno già caldo.
30 minuti.
Ma 30 minuti probabilmente non saranno sufficienti. A meno che il tuo forno non cuocia perfettamente e uniformemente.

Ti viene l’ansia da cottura.
Spii dal vetro e non riesci a prendere una decisione.
Il pan di spagna si è un po’ gonfiato e sembra perfetto.
Non temere, scenderà e si appiattirà. E’ un processo normale. Il pan di spagna è soffice, ma piatto.
Dopo un po’ , veramente esasperato, tornerai fatalista. Sarà quel che sarà. Il dolce è pronto.
Non lo prendi fuori subito. Spegni il forno. Lo lasci lì un minuto.
Ti fingi disinteressato.
Dopo un minuto non resisti. Fai fare uno scatto alla manopola del forno per accendere la lampadina.
Ti siedi per terra e lo osservi.
Dopo 5 minuti, ti decidi. Lo tiri fuori dal forno. Probabilmente un po’ ti bruci.
Lo appoggi sul tavolo. Probabilmente bruci un po’ anche il tavolo.

Lo osservi e pensi : “cazzo..e il ripieno?”.

giovedì 9 febbraio 2017

Is someone getting the best of you?


Come se ne esce?

Quel momento in cui cala di nuovo quel velo nero e melmoso.
Il punto del troppo.

E allora pole, mia cara pole, sei la prima della lista.
La testa che rotola via quando cade la lama.

In questo momento è tutto così faticoso che il pensiero di dare al mio corpo qualcos'altro da gestire - autoinflitto - mi sembra folle.
Un dolore quotidiano che come uno ticchettio incessante scava dentro. Letteralmente.
Strapparsi da dentro. Che cura medioevale del cazzo.

E allora pole, mia cara pole, perdonami.
Non è un addio. Non è neanche un arrivederci.
E' un oggi no.
Domani non lo so.

Magari dormo meglio. Magari mi scrocchio le dita dei piedi. Magari mi stiracchio le scapole.

Non mi rendi felice. Da un po'.
Rido sempre, mai davvero.
L'ossessione è insofferenza.

Ci vediamo domattina. Mentre guido verso lavoro.
Con le coreografie nella mia testa mentre l'autoradio canta qualcosa che mi piace.
Mi rendi felice per finta.

Perchè io non esplodo.


Io sono una supernova



venerdì 27 gennaio 2017

Pole Dancer. Not Slut. Stripper? Maybe

Ok ci ho pensato.

Ed è un pensiero elaborato questa sera in coda tangenziale mentre rientravo dal lavoro.
Quindi magari è un po' scemo, o elementare, o tutte e due le cose.

Ho pensato che io per prima mi sono trovata a scrivere del "bla bla facendo pole vi troverete a dover spiegare che, no, non è lap dance, bla bla bla".
Ed è stato un po' riflesso automatico.

Anche perchè devo proprio dirlo.
Io nella vita reale non è che ho mai dovuto poi argomentare molto sta cosa.
Una tiepida illustrazione su cosa sia la pole dance. Un "ah-ah ok" di risposta.
Non so se è perchè frequento gente molto intelligente o perchè sono una specie di ragazzino in scarpe da ginnastica intrappolato nel mio corpo nanerottolo e nessuno abbia mai avuto l'ardire di associare qualcosa di vagamente erotico a me stessa.

Ma in generale. E' così e basta. Se parli di pole dance c'hai un po' subito questa frase preimpostata.
Ne abbiamo fatto a volte un motto. A volte un meme. A volte un vanto.

Ecco, ok.
Che è vero che la pole dance e la lap dance sono due cose differenti.
Come il Judo e il Karate. Che per me ignorante sono vagamente quelle robe di combattimento che si praticano con una specie di accappatoio. Le rispettive discipline probabilmente rabbrividiranno e si sentiranno in dovere di attaccarmi un pippone sulle differenze tra le due arti marziali.
Niente più che un'alzata di occhi al cielo.

Ecco a noi viene un po' più che un pizzicorino a volte.

Partiamo dall'orgoglio del voler sottolineare le nostre innumerevoli ore di allenamento - fatica  - lividi.
Arriviamo dirette in scivolata al non voler essere considerate poco di buono.
Che poi, dico io, una lap dancer fa un lavoro in un locale per adulti.
Probabilmente è molto più incazzata e indispettita lei dall'atteggiamento di molti uomini di quanto sapremo mai dirlo con le nostre migliori argomentazioni.
Mica fa pompini pubblicamente.
Che poi, dico io, un'attrice porno fa poi nient'altro che un lavoro che potrà non sposare le nostre scelte di vita, ma mica è una troia.
Che poi, alla fine, anche una escort fa un lavoro. E magari non sposa neanche le sue scelte di vita ma c'ha bisogno di soldi. Il che la rende probabilmente più frustrata e triste di come possiamo sentirci noi. Ma non è comunque una poco di buono.

Cioè cosa ci dà realmente così fastidio da dover correre a spiegare che la lap dance è un universo parallelo e da sentirci in urgente dovere di difenderci?

Perchè se in un gruppo di pole dance, frequentato da gente che si allena quotidianamente mezza svestita e sbandiera l'assoluta dignità del poter fare uno sport in mutande, spunta fuori un perizoma - in un video di un esercizio peraltro difficilissimo, mica tanto per - qualcuno storce il naso?

[ora non voglio fare processi - dibattiti - critiche. E' successo. Punto. E quella che segue è la mia personale riflessione. Rapportata a me stessa e solo a me stessa. Non mi faccio interprete del sentimento segreto di nessuno]

 Me lo sono chiesta.

Un po' di invidia per un lato b ben fatto?

Io so di avere parecchia cellulite. Fingo di fottermene e non essere schiava dell'estetica. Quasi sempre riesco a farlo davvero. Ma so benissimo che ogni cazzo di volta che esco dalla doccia e mi tolgo l'accappatoio come un riflesso d'istinto do' una controllatina ai miei morbidi cuscinetti bucherellati "per vedere come va" (la risposta è : sempre uguale, Dna).

Un po' di invidia per chi si sente la libertà di spogliarsi?

Fosse per me pole dance si farebbe in tuta dell' Adidas.
Se non fosse che il triacetato è il tessuto più scivoloso (e infiammabile) esistente sulla faccia della terra, ovviamente.
Poi una volta rapita da questo sport ci pensi un po' meno che stai gironzolando per la palestra mezza nuda. Ma all'inizio un po' di scansione culi per valutare la concorrenza e capire quante occhiate mi sarei beccata mentre ero distratta, l'ho assolutamente fatta.
Io che vivo-sempre-insieme-ai-miei-calzini ero un po' a disagio anche a piedi nudi, per dirla tutta. Che c'ho ste due dita del piede palmate che alle elementari mi han sempre messa a disagio coi sandaletti e al mare nascondevo con attenzione nella sabbia.

Un po' di fastidio perchè cazzo ho già dovuto spiegare duecento volte a tutti i miei amici che no - non gli presenterò le mie compagne di pole - e anche se fosse non è che son tipe che la danno via in allegria. Mo sto sventolare di chiappa mi mortifica un po le argomentazioni?

Eccoci.

Torniamo alla poco di buono.

Che poi. E' di nuovo questione di prospettive.
Perchè se uno che ci piace ci fa la battutina sullo spettacolino privato di lap dance magari lo lasciamo giocare per un attimo. Ci lusinga anche che lui voglia pensare a noi nude (sottotitolo : è fatta!)
Se lo fa Cicciuzzo il viscido della pizzeria gli trapassiamo il cranio con una sciabolata neanche fosse uno zombie del cazzo.

E allora ci ripenso.

Che c'è questo problema di non esser belle.
Di esser basse.
Di esser grasse.
Pelose.
Con la cellulite.
C'è persino il problema di esser troppo belle che pare dia fastidio anche questo.

E tutte le volte che ci fanno sentire inadeguate.
Alle volte che per strada il maraglio di turno  fa un commento viscido non gradito.
Ai colleghi che commentano le tette della segretaria.
Il gruppetto a scuola che non ti invita al pub perchè non sei alla loro altezza.
O le "amiche" che dietro le spalle sono pure più cattive dei maschi nelle critiche feroci.

Ecco.
Si chiude il cerchio e ritorniamo alla partenza.

Il giudizio.

Il giudizio, impietoso e superficiale.

Il giudizio che ti rende una troia, un cesso, una sfigata.

Il giudizio per cui dobbiamo difenderci anche se nessuno attacca e spiegare sempre e comunque che non è lap dance. Perchè vaffanculo io non sono un oggetto da guardare mentre ti viene duro.

Ma se neanche tra noi sappiamo risparmiarcelo la pole dance non è più quella sensazione euforica.
E' una perizia tecnica sui centimetri di tessuto delle mutande.

E la nostra libertà è solo una catena più lunga di una manciata di centimetri attaccata al palo.

credits pic : society 6 -  MartiniWithATwist
















mercoledì 18 gennaio 2017

Ma vie, Aisha, si tu m'aimes



Vorrei poter dire che il mio 2016 da poler sia rappresentato da quest'immagine


Il maledetto (o la maledetta?) aisha - che non so nemmeno scriverlo...figuriamoci farlo.

Uscito vagamente stabile e ai limiti della decenza al milionesimo tentativo.
L'entusiasmo della mia maestra nel vedermi riuscire.
(se mai ci fosse bisogno di dirlo...
sì, chiaramente io sono quella fluo di maglietta e di faccia per lo sforzo)


Ma siamo onesti gente.
Il mio 2016 è veramente rappresentato qui